“Reato di omosessualità”, giovane condannato all’impiccagione in Iran


Secondo la sharia essere gay costituisce una violazione diretta della legge di Allah che va punita con la pena di morte
Colpevole di omosessualità: questa la ragione per la quale un ragazzo di 25 anni è stato condannato a morte e impiccato a Marvdasht, nella regione iraniana di Fars. L’esecuzione è avvenuta mercoledì scorso. A riferirlo oggi al sito ufficiale della tv iraniana ‘Irib’ è stato il procuratore generale della città, Qolamhossein Ciaman-sara, che però non ha rivelato il nome della vittima. Secondo il codice penale islamico sciita attualmente in vigore nella Repubblica islamica dell’Iran, il rapporto omosessuale, così come l’adulterio, viene punito con l’impiccagione o con la lapidazione. La sharia, infatti, considera l’omosessualità una violazione diretta della legge di Allah e per questo deve essere punito con la pena di morte. La notizia che riguarda il 25enne non rappresenta, però, un caso isolato: secondo alcuni siti di opposizione, infatti, negli ultimi anni per il “reato di omosessualità” sono stati impiccati nel Paese guidato da Mahmoud Ahmadinejad decine di uomini.
Un precedente non troppo lontano nel tempo c’era stato nel 2007, quando un 20enne fu condannato per aver commesso violenze nei confronti di tre minorenni quando aveva, secondo l’accusa, solo 13 anni di età. L’uomo venne impiccato nonostante le denunce nei suoi confronti fossero state ritirate. A nulla valse la mobilitazione internazionale che ci fu in sua difesa. Due anni prima, nel luglio del 2005, due ragazzini, uno di 18 anni e l’altro minorenne, furono condannati a morte per reati di “sodomia” dopo 16 mesi di detenzione in carcere.