Doppio stigma. Essere migranti e omosessuali in Italia

Gianfranco Meneo

Superare gli ostacoli degli approcci "monotematici" significa uscire dall' ottica della discussione comunità lgbt [1] o multiculturalismo e fondere i due momenti in un'unica branca di discussione. Inevitabili sono le difficoltà che questo tipo di approccio determina. Infatti, se consideriamo questi fenomeni come richiedenti un'urgente opera di sensibilizzazione e conoscenza, è possibile immaginare la difficoltà, perdendo la base di riferimento: il tessuto 
antropologico della società italiana, per potersi spostare su territori inesplorati dove confini culturali, attese e istanze sono multiformi e sfaccettate. Infatti, siamo abituati a collocare le discussioni su genere, orientamento sessuale, multiculturalismo utilizzando lo sguardo della nostra società e non comprendiamo come il sentirsi gay o lesbica o transessuale/transgender nella comunità italiana, provenendo da altra cultura, possa determinare un "rimescolamento delle sensazioni".


I dati su questo fenomeno non sono molti e soprattutto difficili da reperire. 
Lo stigma di un di una discriminazione nella discriminazione genera una riottosità nell'aprirsi e raccontarsi[2].


Lyas e Mehdi sono quelle conoscenze che in modo fortuito incroci tramite i social network e, in modo particolare, al gruppo "Immigrazione e omosessualità"
[3]. Devo precisare che sono perplesso all'idea di condurre un'intervista sulla condizione di migrante omosessuale anche perché questo significa aprire le porte della propria esistenza. Non nego che le mie perplessità si amplificano sempre quando devo chiedere a qualcuno di parlare di sé. Nella mia vita ci sono dei segmenti, delle nicchie dolorose e sono conscio che se qualcuno mi chiedesse di farle riaffiorare la cosa non sarebbe certamente esente da grandi 
sofferenze.

Devo dire che Lyas e Mehdi, però, si sono aperti in modo semplice, trasparente ed hanno raccontato se stessi con naturalezza e spontaneità, mostrando gli aspetti più sereni e scoprendo quelle ferite che solo chi le ha subite ha la forza e il diritto di mostrare, se vuole.
Le loro vite sono diverse.
Questi sono i loro nomi reali, hanno scelto di raccontarsi per permetterci di leggere attraverso le loro storie qualcosa in più che consenta ad altri di vivere in modo esaustivo le proprie vite.
Sono entrambi algerini ma hanno età diverse: Lyas 24, Mehdi 33.
L'Algeria in tema di omosessualità è una comunità molto conservatrice, nonostante i progressi che ha compiuto. Gli algerini, giovani o vecchi, compiono continui richiami a simboli di mascolinità o di inferiorità. 

Premesso questo si può comprendere come scoprirsi omosessuale in un contesto del genere 
non sia un'operazione semplice, immaginiamo essere algerini, omosessuali e migranti in Italia



Pubblicato da Lorenzo Bernini